ARMIRAGLIO ALFONSO
Alfonso Armiraglio, nato il 9.06.1914 a Busto Arsizio (VA) , sposato e buon padre di famiglia, è un partigiano attivo nella Resistenza italiana negli anni successivi all’armistizio del ’43. Proprio a partire dal 1943 egli simpatizza per il Partito Democratico senza tuttavia tesserarsi mai. Tra l’ottobre e il novembre dello stesso anno, dopo un significativo incontro con l’esponente comunista Michele Riganti, inizia il suo impiego al Comitato di Liberazione Nazionale dei partigiani italiani, al fine di far cessare la guerra mettendo da parte ogni questione di ideale politico. In seguito al suo giuramento, si prende carico di sei uomini armati con venti moschetti per guidarli nei vari attacchi. Nel 1944 viene a contatto con un’altra importante figura comunista, Cesare Carnaghi, suo vecchio collega di lavoro presso la ditta Comerio. Prende parte a numerose spedizioni: ricordiamo in particolare quella del 1945 nelle boscaglie tra Fagnano Olona e Busto Arsizio dove vengono sequestrati tre maiali. Arrestato il 16 aprile 1945, interrogato e torturato dalla Brigata Nera (unità militare della Repubblica Sociale Italiana per combattere l’attività delle forze partigiane) non rivela ciò di cui è a conoscenza. Il patriota bustese sa rispondere in maniera impeccabile, estremamente precisa da non risultare bugiardo ma allo stesso tempo sufficientemente ambigua da non rischiare il carcere o la morte. La sera del 24 dello stesso mese la sua tattica funziona: ottiene la libertà assieme ad altri quattro dei suoi uomini, firmando un documento che riporta il suo impegno nel non riprendere attività contro la Repubblica Sociale Italiana. Interessante la lettura del verbale che permette di conoscere meglio la sua attività. Consulta i materiali presenti nell’archivio dell’Associazione Alfredo Di Dio:
ALBENI DON GIUSEPPE
Giuseppe Albeni è nato il 10 novembre 1913 a Busto Arsizio. Ordinato sacerdote a Milano nel 1938, viene mandato a Cuggiono dove rimane diciassette anni con il compito di educare i giovani ai quali trasmette il dovere morale di opporsi alle ingiustizie della dittatura fascista. Incomincia la sua azione partigiana nel 1942, entra in contatto con diversi gruppi clandestini di estrazioni ideologiche differenti. All’interno dei locali degli oratori organizza gruppi giovanili clandestini. Durante la resistenza si è distinto per vari episodi nei quali ha dato prova del proprio coraggio. Protegge partigiani di alto spicco e molto ricercati dalle forze naziste, favorisce la nascita del nucleo partigiano di Pian Cavallone e il 7 aprile 1944 viene arrestato, ma poco dopo rilasciato. Salva sei partigiani della brigata “Gasparotto” condannati alla fucilazione e libera Albizzate dai nemici. Muore il 20 settembre 1961 dopo una lunga carriera religiosa. Consulta i documenti presenti nell’archivio dell’Associazione Alfredo Di Dio:
ABRAMI FRANCO
La storia di Franco Abrami rispecchia le virtù ed il coraggio che contraddistinguono i partigiani. Nel mese di marzo del 1944 assume il comando di un piccolo gruppo di Alpini a Vercelli e fin da subito si distingue per le sue qualità. Con loro fugge in Valsesia dove si unisce ai gruppi partigiani di Moscatelli. Insieme a Giulio Lavarini, Vincenzo Baroni ed altri costituisce un gruppo autonomo col motto “O morte o vittoria”, con il quale compie azioni di disarmo delle guardie preposte alla vigilanza delle linee ferroviarie. Tra le varie azioni militari si ricorda il disarmo di trenta carabinieri e sei uomini della Flak. Il gruppo Di Dio sulle montagne sopra Ornavasso viene da lui rifornito di armi, uomini e vestiario. Il 20 giugno 1944 parte con cinque compagni per disarmare la milizia fascista della stazione di Baveno: durante la spedizione contro i nazifascisti viene ucciso da un prigioniero, con una piccola pistola che questi era riuscito a nascondere. Consulta i documenti dell’archivio dell’Associazione Alfredo Di Dio:
L’ufficio falsi
Mario Pigatto a tal proposito scrive: “L’ufficio falsi non era altro che un semplice sacchetto sporco di colla e di inchiostro con dentro timbri di metallo e di gomma, boccette di inchiostro, tamponi, colla, puzzoni, forbici, chiodi d’alluminio, un torchio massiccio ed angoloso, poi documenti in bianco di ogni genere, carte d’identità, bolli di segreterie comunali, certificati di impiego, licenze, fogli di viaggio, scontrini rosa, lascia passare, esoneri, tesserini militari, documenti repubblichini, tedeschi, bilingui; una babele dove riuscivano a pescare giusto solo due o tre iniziati. E in una scatoletta infine un mucchietto di fotografie formato tessera che aspettavano turno di essere incollate e bollate a secco su qualche documento, per trasformarsi poi innocenti preti di campagna, viaggiatori di commercio, manovali, ufficiali della GN R, studenti, invalidi e simili. E la sede? Da un lussuoso appartamento ad un oratorio, da un ospizio di carità ad una torre cadente, da un sotto palco di teatro ad una baracca di campagna. E i timbri? Veri gioielli imitati alla perfezione. Esce un documento nuovo c’è da impazzire ad imitarlo, aquile tedesche, fasci repubblichini, distretti, uffici del lavoro. Oltre a procurare i documenti nuovi, trovare il metallo occorrente (acciaio, alluminio bronzo, leghe speciali) bisogna poi correre dal bravo Attila… Partigiano, provetto incisore e cesellatore. Caro ufficio falsi, quanta gente hai salvato”. NOME PROPRIETARIO Associazione Partigiana “Alfredo Di Dio”, Busto ArsizioDATA REPERTO 1943-45TIPOLOGIA REPERTO Oggetto esposto in struttura museale DESCRIZIONE REPERTO Timbri utilizzati dai partigiani per falsificare documenti.
Le azioni di disturbo
NOME PROPRIETARIO Associazione Partigiana “Alfredo Di Dio”, Busto ArsizioDATA REPERTO 1943-45TIPOLOGIA REPERTO Oggetto esposto in struttura museale DESCRIZIONE REPERTO Proiettili utilizzati dai partigiani negli anni della Resistenza. Nel frattempo i partigiani attivi a Busto Arsizio continuano a mettere in atto azioni di disarmo, operazioni di disturbo e rappresaglie. Così Mario Pigatto racconta nel i suoi scritti: Ottobre 1943 “A casa di Luciano Vignati otto partigiani decidono un raid notturno al campo d’aviazione di Lonate Pozzolo, riescono a togliere da alcuni bombardieri le mitragliatrici 12,7 e le portano a casa di “Sandrin” Sandrino Colombo, capo partigiano di Busto Arsizio”. Marzo 1944. Il partigiano Luigi Millefanti in una riunione fatta a casa di Claudio decide di danneggiare la cabina Enel di viale Sicilia. I partigiani vi riescono distruggendo un trasformatore. Aprile 1944 Viene fatta la stessa operazione alla cabina Enel di via General Espinasse con lo stesso risultato. Rimane bloccato lo stabilimento Comerio che costruiva materiale bellico.
Un proiettile.
NOME PROPRIETARIO Associazione Partigiana “Alfredo Di Dio”, Busto ArsizioDATA REPERTO 1943-45TIPOLOGIA REPERTO Oggetto esposto in struttura museale DESCRIZIONE REPERTO Proiettile recante la scritta “26.04.1945 Cuggiono”.
I sacerdoti di Busto nella Resistenza
Tutti i materiali messi a disposizione dalle industrie bustocche dovevano necessariamente essere nascosti per poi essere distribuiti tra i vari gruppi partigiani. Ciò avvenne anche grazie alla grande collaborazione di molti sacerdoti cattolici. Dagli scritti di Mario Pigatto: “nel mese di gennaio a Busto Arsizio si presentò il problema di reperire una base sicura per depositare il materiale di rifornimento da immagazzinare in città, perché potesse poi essere distribuito secondo le necessità parte alle formazioni del piano e parte a quelli della montagna. La drogheria Vignati e Allavelli, punto di riferimento privilegiato per i contatti tra i comandanti delle bande, nonché il centro di confezionamento dei pacchi viveri e di altri generi, come vestiario, equipaggiamento vario e armi, era insufficiente. Durante i 20 mesi resistenziali i luoghi più usati al magazzinamento oltre alla drogheria di via Silvio Pellico, furono la casa di Sandrin in via Salvator Rosa, la casa di Cesare Carnaghi a Sacconago, la canonica di Don Angelo Grossi a Solbiate Olona presso l’oratorio, l’altra canonica di Don Carlo Pozzi presso l’oratorio di Castegnate e i sotterranei del seminario arcivescovile di Venegono Inferiore; un altro deposito fu ricavato nei sotterranei della chiesa di Sant’Edoardo a Busto Arsizio, sotto la protezione e sorveglianza di Don Ambrogio Gianotti”. NOME PROPRIETARIO Associazione Partigiana “Alfredo Di Dio”, Busto ArsizioDATA REPERTO 1943-45TIPOLOGIA REPERTO Oggetto esposto in struttura museale DESCRIZIONE REPERTO Pistole e fondina utilizzate dai partigiani durante la Resistenza.
L’arrivo della colonna Stamm.
NOME PROPRIETARIO Associazione Partigiana “Alfredo Di Dio”, Busto ArsizioDATA REPERTO 1943-45TIPOLOGIA REPERTO Oggetto esposto in struttura museale DESCRIZIONE REPERTO Bisaccia di un soldato tedesco della colonna Stamm.
Le brigate partigiane di Busto Arsizio
Busto Arsizio è sede del 102° brigata Garibaldina chiamata “Maurizio Macciantelli” e di tre brigate azzurre (ossia di ispirazione cattolica), la “Giani”, la “Lupi” e la “Raimondi”. È inoltre sede di un Comando Raggruppamento di Divisione, la “Alfredo Di Dio”. Le prime brigate nascono all’interno delle fabbriche. I gruppi interni alle fabbriche tessili bustesi sono in stretto contatto con il CLN e con le formazioni partigiane; forniscono vestiario, scarpe, coperte, lenzuola sia ai giovani renitenti alla leva nascosti presso famiglie bustocche, sia ai partigiani operanti in montagna. Oltre alla ricerca dei finanziamenti, gli operai degli stabilimenti protetti rallentavano la produzione e compivano veri e propri atti di sabotaggio della costruzione di materiale bellico, in modo che divenisse inutilizzabile per i tedeschi. Dagli scritti di Mario Pigatto. Novembre 1943: “I primi contatti con le formazioni di montagna vennero allacciati con i gruppi partigiani che occupavano la zona del Monte di San Martino, tra la Valcuvia e la Valtravaglia, nell’alto Varesotto. Soprattutto i patrioti gallaratesi sotto la direzione di Mario Sola organizzarono un servizio di rifornimenti destinato all’assistenza del gruppo “Cinque giornate”, ossia dei 180 uomini del colonnello Carlo Croce che, impossessatisi di un forte in Val Alta, vi rimasero con la collaborazione degli abitanti dei paesi di Duomo, Cuveglio, Rancio Valcuvia, Mesenzana e Brissago Valtravaglia, fino al 14 novembre 1943, data in cui circa 3000 uomini della Wermacht, militi della GNR, presero d’assalto le postazioni partigiane, scatenando la prima vera offensiva bellica contro i banditi. L’assedio si prolungò per cinque giorni e solo una novantina di partigiani riuscirono a riparare nella vicina Svizzera insieme con il colonnello Croce. La tragedia di San Martino fu in un certo senso pedagogica per i patrioti altomilanesi, in quelle condizioni privi di un’organizzazione militare sufficientemente funzionale, era impossibile uscire allo scoperto ed impegnarsi in lotta aperta contro gli occupanti tedeschi. Giocava in favore della prudenza anche la sempre maggiore consapevolezza dell’importanza strategica di Busto Arsizio nell’economia della resistenza, ove si stava organizzando una centrale di rifornimenti per le formazioni di montagna”. NOME PROPRIETARIO Associazione Partigiana “Alfredo Di Dio”, Busto ArsizioDATA REPERTO 1943-45TIPOLOGIA REPERTO Oggetto esposto in struttura museale DESCRIZIONE REPERTO Giacca invernale utilizzata dai partigiani durante la Resistenza.
Il ruolo delle aquile randagie
NOME PROPRIETARIO Associazione Partigiana “Alfredo Di Dio”, Busto ArsizioDATA REPERTO 1943-45TIPOLOGIA REPERTO Oggetto esposto in struttura museale DESCRIZIONE REPERTO Cappello delle Aquile randagie, anni della Resistenza. A Busto Arsizio, nonostante lo scioglimento dei gruppi scout su direttiva del regime fascista, alcuni ragazzi proseguirono comunque questa attività nella clandestinità permettendo a molte persone ricercate di espatriare in Svizzera.