Museo Didattico Fiorini

VELLUTINI DON ANTONIO

Non tutti gli eroi indossano una maschera, e questo lo sa il bambino ebro che il 4 aprile del 1944 vide la luce e la speranza, salvato dall’intervento a dir poco miracoloso di una persona che fa tutt’altro mestiere: lui è Don Antonio. Durante quel fatidico giorno, la sua volontà, la quale va oltre ai pensieri religiosi e personali, decide che quei bambini ebrei caricati sul treno diretto a chi sa quale campo di concentramento devono essere salvati, senza nessuna esitazione. Ed è in questo modo che Ugo Bassano, a quel tempo uno dei bambini strappati da quel crudele destino, riesce a rincontrare il suo eroe, il quale non ha mai smesso di operare secondo i propri ideali e i propri compiti. Così fa anche quando l’esercito tedesco occupa il suo paese compiendo omicidi e barbarie, difendendo con la sua vita quella di centinaia dei suoi concittadini, tenendo testa alle minacce di morte. Non tutti gli eroi indossano una maschera, e Don Antonio Vellutini è, a tutti gli effetti, un eroe. Consulta i documenti presenti nell’archivio dell’associazione Alfredo Di Dio:

TORREGGIANI FERNANDO

Fernando Torreggiani è un artigiano di origine milanese, vissuto a Gallarate. Durante la Seconda Guerra Mondiale aiuta una famiglia di ebrei, facendo in modo che non vengano deportati nei campi di concentramento tedeschi. Torreggiani nasconde nella sua casa di Marchirolo i componenti della famiglia, quattro adulti e due adolescenti, una femmina e un maschio, in modo che da lì possano fuggire in Svizzera. Qualcuno però fa la spia e, se gli aduli della famiglia riescono a nascondersi, i ragazzini durante la fuga vengono bloccati dai nazisti; arrestati e interrogati, vengono condotti in un convento di suore di Varese con l’obbligo di una attenta sorveglianza. La ragazzina ebrea, che ricorda il numero di telefono di Torreggiani, convince una suora a chiamarlo ed egli, con l’aiuto di alcuni partigiani, interviene portando via i due ragazzi dal convento per condurli a Luino dove possono ricongiungersi con il resto della famiglia. Da lì una colonna di partigiani li fa espatriare in Svizzera. Le suore del convento, per non essere accusate di complicità con i partigiani, fanno finta di chiamare aiuto anche se sanno che i fili del telefono sono stati tagliati. Per il suo atto eroico a Fernando Torreggiani viene assegnata il 5 dicembre 2001 una medaglia alla memoria dall’Istituto Israeliano per la Memoria dei Martiri e degli Eroi dell’Olocausto e gli viene riconosciuto il titolo di “Persona virtuosa tra le nazioni”. Il suo nome è inciso anche sulla Stele d’Onore nel Giardino dei Giusti a Gerusalemme.  Consulta i documenti presenti nell’archivio dell’Associazione Alfredo Di Dio:

POZZI DON GILBERTO

Gilberto Pozzi  è nato a Busto Arsizio nel 1878 ed è morto a Cilvio nel 1963. È ricordato per la sua carriera da sacerdote durata ben sessant’anni a Cilvio, ma in particolar modo per le sue azioni durante la seconda guerra mondiale. Con fede e spirito di fratellanza, egli lotta contro il nazifascismo rischiando più volte la vita, subendo interrogatori e addirittura arresti. Viene chiamato lo “Schindler di Busto” perché grazie al suo impegno riesce a salvare decine di ebrei italiani dalla deportazione nei campi di concentramento nazisti conducendoli oltre il confine svizzero.  Consulta i documenti presenti nell’archivio dell’Associazione Alfredo Di Dio:

CANELLI DOTT. LUCA

Luca Canelli, nato nel 1912, è un importante medico al quale è stata riconosciuta la medaglia di “Giusto fra le Nazioni”, in quanto ha messo a rischio la propria vita durante l’Olocausto per salvarne altre. Uno degli episodi più rilevanti a lui collegati è quello del valoroso salvataggio di Ludovico Misrachi da una retata tedesca: Ludovico era infatti impossibilitato a fuggire da casa per problemi di salute e solo l’arrivo del dottor Canelli, che dopo averlo caricato in macchina lo portò tempestivamente in ospedale, gli permise di sopravvivere. Sono stati proprio i famigliari di Misrachi a riportare ciò che Canelli aveva fatto all’ente israeliano Yad Vashem, il quale gli assegnò il riconoscimento sopra citato. Il dottor Canelli ricordava con immenso dispiacere tutte quelle persone che aveva visto perdere la vita davanti ai suoi occhi per le atrocità dei tedeschi, rammaricandosi di non aver potuto fare qualcosa anche per loro, come quella volta con Misrachi. Luca Canelli si contraddistingueva anche per la sua umiltà, infatti dopo aver ricevuto la medaglia dichiarò che il suo gesto non era eroico o di coraggio, ma semplicemente di umanità. Consulta i documenti presenti nell’archivio dell’Associazione Alfredo Di Dio: